Finance

 

Analisi: un meccanismo da cambiare

17 Gen, 2012

Analisi: un meccanismo da cambiare

17 Gen, 2012

Pasquale Merella, FRM

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Contributo sulle pagine de Il Giornale (pag. 23 del 17/1/2012)

Versione online: http://www.ilgiornale.it/news/l-analisi-meccanismo-cambiare.html

 

Questo «attacco all’Europa» da parte di S&P induce a una profonda riflessione sul ruolo delle agenzie di rating e sulle conseguenze dei loro giudizi sul piano economico-finanziario. Consideriamo il nostro debito: oggi presenta un rating di BBB+, che corrisponde a una qualità bassa secondo S&P, precisamente otto notch sotto il livello massimo di AAA. Il primo effetto è quello di un allontanamento degli investitori istituzionali esteri dai nostri Btp, proprio nel momento di maggiore necessità; infatti, per il 2012 sono in calendario 250 miliardi in scadenza. Inoltre, difficilmente con questo downgrade il livello di spread e quindi di rendimento richiesto sui Btp può scendere ai livelli di inizio 2011. Le conseguenze sono date da una crescita della spesa per gli interessi sul debito, che ricade in ultima analisi sui contribuenti, e da un pericoloso effetto anche sul piano dei risparmi previdenziali: le attività gestite dai Fondi pensione negoziali sono 24 miliardi di cui il 70% è rappresentato da titoli emessi da Stati sovrani e di questi circa 6,5 miliardi sono rappresentati da titoli obbligazionari italiani.

I Fondi pensione affidano la gestione dei contributi dei lavoratori a gestori professionisti che operano secondo convenzioni siglate con i fondi. Queste ultime contengono limiti e paletti posti al gestore in maniera prudenziale rispetto a quanto consentito dal quadro normativo. Per la componente obbligazionaria il limite più utilizzato è, appunto, quello del rating. Per numerosi Fondi pensione è sovente trovare come limite la singola A di S&P. In caso di downgrade il gestore è tenuto a liquidare le posizioni entro 30 giorni. Si prefigura uno scenario inquietante: i gestori non solo non potranno comprare nuove emissioni di Btp, ma dovranno vendere sul mercato tutte le posizioni in titoli di Stato italiani, incamerando notevoli perdite in conto capitale e questo nuovamente ricadrà sui lavoratori-contribuenti.

Dall’’altra parte i fondi che, in occasione del recente rinnovo delle convenzioni, hanno previsto un limite di rating dato dall’investment grade o da un livello pari a BBB+, corrono il rischio di rimanere con il cerino in mano subendo la discesa dei corsi obbligazionari e registrando consistenti perdite sui comparti obbligazionari che tradizionalmente sono più conservativi e quindi più indicati per i lavoratori prossimi alla pensione.

Per evitare che il downgrade di venerdì scorso innesti una spirale distruttiva sulla nostra economia, i Fondi pensione dovranno correre ai ripari convocando d’urgenza i propri cda per modificare o approvare una deroga alle attuali convenzioni al fine di rilassare il vincolo del rating. Tutto questo ci fa riflettere sul ruolo delle agenzie di rating, ad esempio ci si domanda se l’Italia sia come l’Irlanda, dato che a oggi presentano lo stesso rating per S&P.

La questione è abbastanza delicata se pensiamo che una delle leve principali nelle scelte di investimento è proprio quella del rating, così come nella misurazione del rischio del proprio portafoglio. Insomma, ci domandiamo fino a che punto abbiamo la sicurezza che non intervengano conflitti di interesse delle agenzie di rating.

E ancora: chi ci assicura la policy sugli investimenti dei loro dipendenti?

E infine: nessun organo di vigilanza europeo ha mai vagliato l’algoritmo e le procedure di assegnazione dei rating, anche se queste sono alla base dei controlli e delle verifiche da parte delle autorità?